Il 25 NOVEMBRE ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Gruppi di donne e uomini, singoli e associazioni ci ricordano che ogni tipo di violenza, fisica e verbale che sia, è da denunciare ed è un sopruso nei confronti dell’umanità.
Da qualche anno si è iniziato a parlare anche di Violenza Ostetrica, una forma di violenza più “morbida” e più “giustificata”, tanto che spesso le donne neanche si accorgono di averla subita e, piuttosto, ringraziano chi le ha “aiutate” perché da sole non ci sarebbero mai riuscite.
Esatto, perché quando una donna subisce un qualsiasi tipo di violenza, oltre alla vergogna e al senso di colpa, ha la ferma convinzione che senza il proprio carnefice non riuscirà mai a fare nulla, che da sola non sappia vivere, che da sola non sappia partorire!
Il 20 settembre del 2017 è stata presentata a Roma la prima ricerca nazionale sulla violenza ostetrica: dal 2003 si è visto che il 21% delle donne dichiara di aver subito violenza fisica o psicologica alla prima esperienza di maternità, mentre il 23% ha dichiarato di non esserne sicura. Si, perché è difficile riconoscere una forma di violenza quando qualcuno sta lavorando per il tuo bene, quando in realtà devi fidarti di chi hai di fronte. Siamo cresciuti in una società in cui ci hanno fatto dimenticare delle capacità delle donne di partorire e dei bambini di nascere e quindi siamo finiti con il giustificare azioni che ci hanno fatto soffrire.
Il documento OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”, pubblicato nel 2014, afferma che le donne in tutto il mondo ricevono trattamenti abusanti durante il travaglio, il parto e il post partum. Non si fa riferimento ad una violenza esercitata dalle ostetriche, ma ad una violenza esercitata da un qualsiasi operatore sulla donna che sta affrontando il travaglio, che si manifesta con procedure mediche senza consenso, mancanza di privacy (ad es. il gran numero di persone presenti in una sala parto, senza che ce ne sia bisogno), rifiuto di offrire una terapia del dolore, mancato rispetto delle linee guida proposte dall’OMS (per esempio consentire il libero movimento alle donne), mancato rispetto per il neonato e separazione di madre e bambino senza alcuna necessità, mancanza di informazioni, risposte inadeguate e irrispettose.
In Italia è nato l’OVO (Osservatorio sulla Violenza Ostetrica) che ha raccolto e raccoglie ancora esperienze delle donne: si è visto che il 41% delle donne con figli con età inferiore a 14 anni, dichiara di aver subito una lesione alla propria integrità psicofisica durante il parto. Nella gran parte dei casi hanno fatto riferimento all’episiotomia, pratica attualmente eccessivamente in uso nelle sale parto italiane, ma che in realtà dovrebbe essere eseguita solo in casi di forte necessità e con un chiaro consenso della donna. Quasi la metà delle donne ha subito questo taglio del perineo e la gran parte di queste donne non ha ricevuto alcuna richiesta al trattamento.
Negli incontri preparto, quando racconto alle coppie le pratiche assistenziali che vengono applicate nei punti nascita, mi chiedono sempre la stessa cosa: “come possiamo riconoscere che sia la cosa giusta?”.
Questa è la domanda più difficile a cui rispondere. La fiducia nei confronti del professionista che incontriamo o che ci ha seguito in gravidanza è fondamentale, ma un conto è fidarsi e un conto è affidarsi. Quando ci affidiamo a qualcuno, lasciamo che sia quella persona a fare tutto, a scegliere per noi, quando ci fidiamo invece scegliamo insieme a quella persona. Sentirsi consapevoli e competenti di ciò che sta accadendo è determinante per un buon esito, oltre che essere informati.
Ma l’elemento che più vale tra tutti sono le sensazioni e le emozioni: se durante il travaglio una donna sente di non essere capace, non si sente sostenuta, si sente denigrata e poco competente, sente che non è libera nel suo corpo e nelle proprie espressioni, si sente sola, allora è il momento di parlare, alzare la voce e farsi rispettare!
#BASTATACERE
Frasi che si sentono in sala parto e che sono indice di violenza ostetrica:
- non urlare,
- non sai spingere,
- apri quelle gambe,
- ma che piangi,
- guarda che si partorisce con dolore,
- stai stesa,
- non ti muovere,
- lo tiriamo fuori noi,
- non puoi andare in bagno,
- si è sempre fatto così,
- tuo figlio sta male perché non hai saputo spingere,
- tuo marito non può entrare…
Azioni che vengono svolte in sala parto e che sono indice di violenza ostetrica:
- kristeller senza consenso,
- apertura forzata delle gambe,
- episiotomia senza consenso,
- urla in sala parto da parte di operatori,
- visite ripetute senza chiedere il permesso,
- folla in sala parto,
- separazione mamma e bambino senza spiegazioni,
- taglio cesareo senza indicazione specifica…
A te è successo qualcosa di tutto questo?
Se si, raccontaci la tua esperienza, chiedi aiuto ed aiuta le mamme ad avere coraggio!